Playfight: la lotta consapevole anche in Italia

10 Febbraio 2019
Play Fight in Italia - tatianaberlaffa.com

Hai mai sentito parlare di Playfight? Io no, fino allo scorso weekend. Si tratta di una forma di ‘lotta-gioco’ che si svolge in modo consapevole.

Le parole chiave sono proprio consapevolezza e connessione. Sul sito di Playfight Italia viene definito come un gioco-lotta che combina wrestling e mindfulness. Questa disciplina si è diffusa in tutta Italia. Nella mia zona, Lombardia, ci sono sessioni di playfighting a Milano e a Varese, ad esempio.

E’ un modo per conoscere se stessi e le altre persone con cui si ‘combatte’ e per scoprire parti di sé che spesso releghiamo in un angolo. Oppure, addirittura, le reprimiamo perché non sono ben accette nella nostra società. Parlo soprattutto di aggressività, ma anche di istinto ‘animale’, di desiderio di prevaricare sull’altro e anche di bisogno di giocare.

La forza è gestita in modo consapevole e sicuro. ‘Non farsi male’ è una delle regole fondamentali di questa forma di lotta. Dalla mia esperienza, che ti racconto più in basso, posso dire che qualche ‘botta’ e qualche dolorino possono farti visita il giorno dopo ma si tratta di piccoli malesseri sopportabili. I cosiddetti ‘baci del Playfight’, sempre secondo i praticanti assidui.

Grazie ai movimenti, al gioco e al contatto con l’avversario previsti dal Playfight, si apre di fronte a noi una nuova prospettiva, insolita e stimolante per notare le nostre paure, i nostri limiti e anche i conflitti interiori.

La paura di fare male all’avversario o di farsi male, la voglia di vincere o, al contrario, l’arrendevolezza sono sensazioni che si presentano durante la lotta-gioco a livello mentale, ma anche emotivo e fisico. Come gestirli è questione di attimi e di ritorno ad un’istintività che in rare occasioni riusciamo a sperimentare, altrimenti.

I combattimenti nel Playfight

Abbraccio al termine di un combattimento di Play Fight - tatianaberlaffa.com
Foto di Playfight.org

Le sessioni di lotta nel Playfight durano mediamente 7 minuti. Si svolgono tra 2 persone consenzienti (è possibile, infatti, rifiutare l’incontro).

Sono previste diverse figure di supporto:

  • Il facilitatore che dispensa consigli e ferma l’incontro in caso uno dei due giocatori perda la connessione con l’altro e il gusto del divertimento
  • L’arbitro che presta attenzione al gioco e lo ferma nel caso ci sia il rischio di farsi male
  • Il Time Keeper che tiene il tempo, lo ferma in caso di pausa e avvisa a 2 minuti prima della fine.

Il Gruppo

Ma una delle caratteristiche più importanti del Playfight è la presenza del gruppo. Le ‘lotte’ avvengono all’interno di un cerchio. Le persone che assistono al gioco garantiscono protezione ai lottatori, segnalano quando i due praticanti stanno uscendo dallo spazio a loro consentito e forniscono dei Feedback alla fine del gioco.

Gli obiettivi del Playfight

Si tratta di un combattimento. Su questo non c’è dubbio.

L’obiettivo è tenere l’avversario con la schiena a terra fino a che l’arbitro non conta fino a 3.

Ma lo scopo finale non è vincere. E’, piuttosto, quello di utilizzare la propria forza al massimo nel rispetto dell’avversario. Il desiderio è di trovare la pace, conoscere se stessi e connettersi in modo nuovo e vero con altri esseri umani.

I rituali

Momenti di gruppo durante i combattimenti di Playfight - tatianaberlaffa.com
Foto di playfight.org

Nel Playfight esistono alcuni rituali di apertura e di chiusura che aiutano a mantenere il gioco in un contesto di rispetto e scandiscono i diversi momenti della lotta.

1. L’incontro tra i due lottatori

I due giocatori per prima cosa si incontrano. Uno di fronte all’altro, tendono i pugni in modo da toccarsi, si guardano a lungo negli occhi, e insieme dicono Playfight!

2. L’apprezzamento al termine dell’incontro

Terminata la lotta, i due giocatori, esausti, si siedono l’uno di fronte all’altro e si comunicano reciprocamente il proprio apprezzamento per le qualità dimostrate dall’altra persona.

3. I feedback da parte del gruppo

Infine, c’è un momento secondo me molto importante: quello dei Feedback da parte del gruppo che ha assistito all’incontro. Il gruppo condivide con i lottatori 3 feedback. Di solito, chi parla lo fa in prima persona e spiega cosa ha provato e da cosa è stato colpito.

La mia esperienza con il Playfight

Ho provato a ‘combattere’ anch’io. Sabato 9 febbraio, con la mia amica insegnante di meditazione Albina Locarno, a Varese ho sperimentato l’antica arte del ‘combattimento a mani nude’ in versione giocosa.

L’incontro è stato condotto da Fabio Bisotti insegnante di yoga e facilitatore di Playfight all’interno di uno spazio bello e accogliente, sede di molte iniziative interessanti per la crescita personale e psicologica.

Lo studio si chiama ‘Cura, formazione e ricerca della Dott.ssa Cristina Rigamonti’ e si trova a Masnago.

L’armonia del gruppo

Prima di cominciare il Playfight vero e proprio, al gruppo sono stati proposti alcuni ‘giochi’ in cui iniziare a conoscersi e ‘sfidarsi’ in modo divertente.

Questa fase è stata molto importante e ha creato armonia nel gruppo. Io non ho avuto timore nel dichiarare che non mi ‘sentivo minimamente portata per un gioco di lotta come quello proposto’.

Noi donne, è inutile negarlo, siamo cresciute con l’idea di essere gentili, educate e magari anche docili e disponibili. Dov’è l’aggressività in tutto questo? Ecco, nei ‘canoni’ imposti dalla società non c’è posto per questa caratteristica umana. E quindi succede che, spesso e volentieri, la reprimiamo.

Ovviamente, non è una buona idea. L’aggressività fa parte di noi, sia uomini che donne. Con questo, non voglio giustificare la violenza o gli attacchi nei confronti di altre persone (fisici o verbali che siano). Ma è necessario incanalare questo modo di essere così naturale e dargli la possibilità di sfogarsi in modo protetto.

Ecco, il Playfight mi ha permesso di esplorare questo lato aggressivo di me che è ben presente. E menomale.

Il mio ‘combattimento’

Durante il mio ‘combattimento’ con Albina, ho percepito chiaramente un ‘istinto primitivo’ che mi spingeva a voler sconfiggere l’avversario. Ho notato il mio pensiero di essere più robusta fisicamente e quindi di poter ‘vincere’ e ho anche assunto delle posizioni quasi a voler mostrare all’avversario la mia ‘presenza’ fisica.

Ad un certo punto, mi sono ritrovata in ginocchio con le mani appoggiate sui fianchi quasi a mostrare il torace e la mia ‘forza’. Non fanno forse così gli uccelli, ma anche altri animali che ‘gonfiano il petto’ per mostrarsi meglio e intimorire l’avversario?

Ecco, tutto questo è capitato nel mio primo e unico (per ora) incontro di Playfight. Ho visto una parte di me a cui non lascio molto spazio di solito ma c’è. E’ una parte primitiva e ha il suo valore.

I feedback dei ‘playfighters’ su di noi

Altro aspetto per me importantissimo sono stati i feedback altrui. In molti hanno parlato di ‘rispetto reciproco’ che io e Albina abbiamo dimostrato durante la gara. Hanno sottolineato come, nonostante la lotta, avessimo mantenuto il sorriso e creato dei momenti di connessione tra noi che ci hanno permesso di non essere mai ‘travolte’ dalla ‘foga’ del momento.

E’ molto interessante questo per me. Capisco che, anche se io mi sono sentita molto ‘istintiva’, ho mantenuto una parte ‘attenta’ a non fare male all’avversario.

Chissà cosa succederebbe se facessi un altro incontro di Playfight? Quale altra parte di me scoprirei o approfondirei? Sono curiosa di scoprirlo.

E tu? Cosa pensi di queste attività di ‘lotta’? Ti interessano o ti spaventano? Ti aspetto nei commenti o sui Social per raccontarmi la tua a riguardo!

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Tatiana Berlaffa

Tatiana Berlaffa

Aiuto donne e imprenditrici a portare la mindfulness nella vita quotidiana per ritrovare una maggiore centratura e nel business per lavorare e comunicare in modo efficace ma senza essere sempre connesse. Utilizzo un approccio unico e personalizzato che si avvale delle più recenti tecniche di life e business coaching, della pratica della mindfulness e… di altre magie.

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